Sembra uno di quei titoli acchiappalike che si vedono sui social network ogni giorno ” 5 modi di finanziare la propria impresa clicca qui “, poi li apri e… non scopri niente di nuovo.
Spoiler: forse anche in questo caso sarà così, ma quello che stiamo per raccontarvi nasce dalla nostra esperienza quotidiana presso le micro, piccole e medie imprese.
La finanza aziendale è uno dei nostri ambiti privilegiati di consulenza e, dobbiamo dire, riscontriamo spesso molta confusione al riguardo.
Così abbiamo deciso di riportare qui sommariamente la nostra “statistica”: probabilmente qualcuno dei lettori si riconoscerà, altri sorrideranno, qualcuno storcerà il naso e, ce lo auguriamo, qualcun altro si sentirà un genio superiore alla media.
A questi ultimi, con assoluta certezza, diciamo: “non fingete: ci siete passati sicuramente anche voi”.
Il patrimonio personale è il più classico dei metodi per finanziare l’impresa.
Nell’immaginario collettivo l’imprenditore è “colui che ha i soldi” e che, furbescamente, li investe in un’azienda moltiplicandoli.
Ne abbiamo parlato anche in un altro post, tra le chiacchiere da bar/social si sente spesso dire: “faccia impresa chi ha i soldi veri”.
Tralasciando il fatto che “uomo ricco” e “imprenditore” non sono necessariamente la stessa cosa e che ci si dimentichi troppo spesso di tutta la parte legata ai rischi di impresa ecc… questo meccanismo di immissione di capitali propri all’interno dell’azienda diventa frequentemente un buco nero: prestiti soci, anticipi amministratori, ricapitalizzazioni e chi più ne ha più ne metta… sono tra gli strumenti più usati dagli imprenditori per far fronte a crisi (più o meno momentanee) di liquidità, insoluti, ritardi di pagamenti, rischi di fallimento.
Il risultato? Quando si approvano i bilanci, si scopre di essere i maggiori creditori dell’azienda e di aver guadagnato meno di buona parte dei propri dipendenti.
Spesso, peggio ancora, non ce ne si accorge nemmeno, complice il macchinone che il commercialista ci ha suggerito di comprare al fine di “scaricare”.
Le banche sono poi il secondo metodo più comune. “E dove sta il problema? Vado in banca, chiedo un finanziamento, un mutuo, un fido… e la mia azienda starà subito meglio”.
Nulla da eccepire: le banche sono uno strumento necessario e fondamentale per fare impresa ma… (perché c’è sempre un ma) solo al verificarsi di alcune condizioni. ROI ad esempio (ma non solo). Mai sentita questa parola? L’acronimo dei termini inglesi “Return of Investment”.
In pratica ci sono aziende che dovrebbero essere sempre indebitate con le banche per rendere al meglio, ed altre che invece farebbero bene a tenersene alla larga o usarle al minimo indispensabile.
Il problema è che molti imprenditori non hanno la più pallida idea di cosa sia e quanto valga questo indice per la loro azienda.
Viceversa il rapporto con le banche è spesso limitato ad un rapporto di dipendenza: “che garanzie vuoi?”.
Ecco quindi che quella linea di credito può costare 1, 100 o 10.000 ma non viene messa in discussione o in concorrenza con altri istituti di credito, l’importante è che le garanzie richieste non siano eccessive. A proposito: lo sapete che il 90% delle fideiussioni bancarie sono annullabili (vedi qui)?
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…» (cit. Blade Runner – Rutger Hauer)
Nel nostro lavoro abbiamo spesso analizzato (e rivendicato poi con successo) debiti bancari che gravavano l’imprenditore di costi esagerati ma: «il direttore mi offre il caffè tutte le volte che vado, non ci credo che non siano condizioni di mercato». La banca è e dovrebbe essere sempre trattata come un fornitore, di denaro ma pur sempre un fornitore, ne abbiamo parlato spesso in questo blog.
Oppure che l’imprenditore non abbia la più pallida idea di quali siano le logiche con le quali gli istituti di credito concedano crediti, o della sua posizione in centrale rischi, salvo poi lamentarsi di non riuscire ad accedere al credito bancario (spesso con alibi più o meno fantasiosi: «non conosco nessuno di importante quell’istituto, quindi non mi finanziano» ecc), e spesso dopo aver chiesto ogni anno con insistenza al proprio commercialista di fare un bilancio “leggero” per non ritrovarsi troppe tasse da pagare.
Segreto di Pulcinella: i “bilanci leggeri” sono spesso “non bancabili”, specie se non riclassificati e ben presentati (ma per quello occorrerebbe un professionista ad hoc, e spesso costa).
Non pagare le tasse è un altro degli stratagemmi applicati dall’imprenditoria.
Ci sono gli stipendi da pagare, i fornitori più inflessibili e rigidi e poi arriva il commercialista con quell’F24 maledetto. «Dove sta il problema? Non lo pago, se posso lo pagherò il mese prossimo con una piccola penale – non accade mai – oppure aspetterò l’avviso bonario, poi la cartella di Agenzia delle Entrate» e poi… nella migliore delle ipotesi si rateizzerà, diversamente si confiderà nella prescrizione o in qualche vizio di forma di notifica e/o in qualche condono.
Beninteso: che la pressione fiscale verso le imprese sia eccessiva non è un’opinione politica, è un dato di fatto, documentato da studi comparativi con l’estero e statistiche, da lì a farne uno strumento finanziario per l’impresa ne corre ancora però.
Lo stesso ragionamento si può poi applicare ai fornitori: c’è qualche fornitore non così attento alle scadenze, magari lo si conosce da anni, non ha grossi problemi di liquidità, alla fine lo si è sempre pagato alla fine… e così si ritarda il pagamento della sua fattura e si usano quei soldi per pagare altro.
Peccato che l’economia alla fine della fiera sia un grosso complicato “circolo” e il rischio di diventare “quel” fornitore a nostra volta, con qualche nostro cliente, rischiamo di subirlo. E quanto ci fanno incazzare i clienti che non pagano???
“Incremento il fatturato e con quel qualcosa in più riesco a far fronte anche ai debiti pregressi”. Anche in questo caso, in teoria nulla da eccepire: più ricavi più guadagno ma… (e anche in questo caso c’è un ma) non è sempre così. Incrementare il fatturato non è così facile, spesso porta seco minori marginalità o maggiori costi (promozione con scontistica allettante? Nuovi commerciali? Campagna pubblicitaria?). Il rischio è di ritrovarsi ad aver lavorato il doppio, il triplo, il quadruplo, aver emesso molte fatture, visto girare del denaro ma non aver avanzato nulla, se non addirittura trovarsi in una situazione peggiore di prima.
Il debito (e un’azienda per definizione fa debiti) deve essere gestito tempestivamente e senza mai essere sottovalutato.
Finanziare la propria impresa vuol dire conoscere logiche del credito, tutti i metodi disponibili per sfruttarlo (il mondo cambia ed anche questo ambito è in continua evoluzione) e agire di conseguenza.
Alla base di tutto questo ci deve essere l’intima convinzione di non essere onniscienti e onnipotenti. Amministrare un’azienda è un compito gravoso che tocca 1000 campi diversi: farsi coadiuvare da collaboratori e consulenti competenti in uno specifico ambito è segno di intelligenza e lungimiranza, non una debolezza.
Per questo abbiamo pensato un mini corso per imprenditori, 1 ora ogni 15 giorni, che tocchi diversi aspetti spesso sottovalutati dagli imprenditori, con esempi ed esercitazioni pratiche. Il primo è proprio quello dell’accesso al credito: potete iscrivervi qui.