Bankitalia: allarme o avvertimento? Sono dati preoccupanti quelli che emergono da una recente nota di Bankitalia, tanto che qualche giornale ha parlato di “allarme”.

Con sarcasmo potremmo ribattere che, “in un periodo come questo, allarme più allarme meno…” tuttavia i dati emersi invitano a riflettere chiunque faccia impresa oggi in Italia.

Il 27 gennaio 2021 Banca d’Italia ha pubblicato una nota a firma di Silvia Giacomelli, Sauro Mocetti e Giacomo Rodano sui “Fallimenti d’impresa in epoca Covid”.

Quando i dati parlano

Il dato di partenza è, paradossalmente, confortante: nel 2020 il numero di fallimenti è diminuito di circa 1/3 rispetto all’anno precedente. Secondo la nota le ragioni di questo calo sono due:

  1. la moratoria sui fallimenti (in vigore da inizio marzo a fine giugno) e il rallentamento generale dell’attività nei tribunali in conseguenza delle misure di contenimento della pandemia.
  2. le misure di sostegno economico e giuridico messe in atto dal governo Conte II verso aziende già in difficoltà nel periodo pre-Covid che, verosimilmente, sarebbero fallite comunque.

Le attività ridotte e limitate dei tribunali durante il periodo di lockdown e nel periodo successivo potrebbero aver poi rallentato l’attività di definizione dei procedimenti non solo in tema di fallimento ma anche per quanto concerne le ricadute legate alle insolvenze o a ritardi significativi di pagamento.

Va detto anche che il fenomeno della riduzione dei fallimenti rispetto al 2019 è stato osservato in numerosi paesi e le ragioni sono riconducibili a quelle ipotizzate per il nostro Paese.

“Tuttavia, l’incertezza sulle prospettive economiche, l’aumento dell’indebitamento delle imprese e l’indebolimento patrimoniale nel frattempo intervenuti sollevano l’interrogativo di come si evolveranno i fallimenti nei prossimi mesi, quando saranno «ritirate» le misure di sostegno ed emergeranno i fallimenti «congelati»”

Le conseguenze della riduzione del PIL

La forte riduzione del PIL registrata nel 2020 potrà avere effetti detonanti.

La nota (che potete leggere integralmente qui) riporta i dati analitici e i procedimenti statistici che hanno generato queste previsioni.

Stando ai risultati emersi

“Sommando le varie componenti, per effetto della contrazione economica del 2020, il numero di fallimenti atteso dovrebbe aumentare di circa 6.500 unità nei due anni successivi (di cui una quota significativa si dovrebbe materializzare già nel 2021). – nel 2019 sono stai 11.000 nda- In base alle elasticità stimate, la crescita economica prevista per il 2021 e 2022 compenserà questo aumento per quasi un quinto.”

Nel voler guardare il bicchiere mezzo pieno dobbiamo evidenziare che, nella sua introduzione, la nota sottolinea che si tratta di cifre che potrebbero anche essere sovrastimate “se le misure di sostegno adottate e l’intensità della ripresa economica saranno capaci di aiutare le imprese a fronteggiare la difficile fase congiunturale.”

Pur precisando che “Le opinioni espresse sono personali e non riflettono necessariamente la posizione della Banca d’Italia” il quadro che ne emerge merita ben più di una semplice lettura.

Ci permettiamo di aggiungere che sono difficilmente calcolabili gli effetti in termini di consumi (e quindi domanda/offerta) dello sblocco dei licenziamenti che prima o poi avverrà ( il 31 marzo come stabilito dall’ultima Legge di bilancio ), così come non è ancora chiara la politica che verrà adottata per nell’immediato futuro dal nuovo Governo Draghi ( leggi qui ) e che necessariamente avrà ripercussioni (pesanti o di sostegno) verso le imprese italiane.

Il ruolo dello stato sarà determinante?

Siamo fortemente convinti che il superamento della crisi non possa essere delegato al solo ruolo dello Stato, tramite aiuti, agevolazioni e quanto in suo possesso, per quanto importante; ma meriti, come sempre, l’intervento diretto di chi fa impresa, oggi, in Italia. In questo senso sembrano anche andare anche le indiscrezioni circa quanto farà il prossimo governo: ne abbiamo parlato qui.

La gestione delle imprese va cambiata

In qualunque modo si osservino i dati emersi, è evidente che occorra una urgente revisione accurata del modo di gestire e fare impresa, che parta da strategie commerciali nuove (si pensi al recente boom degli e-commerce e delle videoconferenze), riconsideri le strategie di pricing, valuti con occhi diverse i disegni di crescita precedentemente adottati, riorganizzi senza tagli radicali l’organizzazione aziendale e faccia uso di strumenti finanziari differenti e il più possibile differenziati.

Se per le società di consulenza direzionali il biennio 2021-22 si preannuncia come un periodo di sfida in termini strutturali e di contenuti; per le altre piccole e medie imprese italiane affidarsi a consulenti aziendali preparati e innovativi, nei prossimi mesi, sarà fondamentale e forse imprescindibile.