Qui in Nexure Consulting passiamo buona parte dei nostri giorni a convincere privati e imprenditori che è possibile rivendicare i propri diritti verso banche ed istituti di credito, portando a casa risultati interessanti e senza rischiare di compromettere la propria posizione creditizia.
Qualcuno ci crede, molti altri fingono di crederci (ma è evidente che mentre parliamo stiano pensando: «Sì, sì… col xxzzo che lo faccio! Poi chissà cosa mi succede!»), altri apertamente ci rispondono che non si fidano, che è impossibile vincere contro le banche ecc. ecc. ecc.
A tal proposito suggeriamo di leggere questi 2 post:
https://www.nexure.it/avete-mai-comprato-delle-belle-scarpe/ e https://www.nexure.it/avete-mai-comprato-delle-belle-scarpe-ultima-parte/
Si sa, però, che l’esempio, il caso reale, fa più di ogni teoria, spiegazione, regola, legge… così vogliamo raccontarvi la storia di un nostro cliente, un’azienda come un’altra, potrebbe essere la vostra (o quella in cui lavorate).
C’era una volta un’azienda di impiantistica
Nel 1980 3 fratelli di Roma decidono di condividere le proprie capacità e fondano la XXXXTA srl che ha come oggetto sociale la realizzazione di impianti idraulici e affini.
Tutto va per il verso giusto: le banche concedono linee di credito, prestiti, mutui secondo le loro necessità. Il lavoro va a gonfie vele, i 3 fratelli sono bravi in quello che fanno e sanno porsi sul mercato in modo efficace e competitivo. Loro 3 da soli cominciano a non essere sufficienti alla mole di lavoro, così decidono di assumere altri impiantisti, qualcuno in amministrazione e, lavorando come matti, riescono nel breve tempo a guadagnare adeguatamente mettendo anche da parte alcuni risparmi.
Ovviamente per le questioni amministrative, di gestione del personale, come tutti, si rivolgono a professionisti di fiducia: loro non hanno né il tempo né le competenze specifiche per queste cose. Sul fronte banche, invece, ci pensano loro, come fanno tutti, andando di persona a negoziare ogni necessità con i direttori delle filiali.
E’ la loro storia ma potrebbe essere quella di chiunque di noi, non necessariamente l’imprenditore con capitali illimitati e idee rivoluzionarie, semplicemente 3 fratelli che sanno fare bene il loro lavoro e decidono di fare impresa. Quella piccola e media impresa che sostiene l’economia italiana.
Crisi, maledetta crisi!
Succede però che i tempi cambino, la crisi arrivi inesorabile per tutti, il lavoro cali improvvisamente, i clienti non paghino o paghino molto in ritardo e le banche non siano più così disponibili, il costo dei dipendenti aumenti, le tasse da pagare e le cose, quasi di colpo, non girino più per il verso giusto.
Nel febbraio 2017, dopo mesi di sacrifici, prestiti, rinvii, dilazioni, notti insonni… la decisione di chiudere la società. Dopo 17 anni. DICIASSETTE.
Chi fa impresa sa quanto sia doloroso anche solo pensare una cosa del genere: le aziende sono come figli. Purtroppo però spesso non ci sono alternative o vie d’uscita.
La XXXXTA srl viene così messa in liquidazione, viene nominato un liquidatore (il commercialista della società) e si procede con le necessarie attività sancite dalla legge.
Qualcosa non torna, però!
Il liquidatore, secondo quanto stabilito dalla legge, deve procedere con quanto necessario alla chiusura della società. Questo vuol dire “trasformare” il patrimonio societario in denaro, estinguere i debiti sociali e dividere l’eventuale residuo attivo tra i soci.
La persona incaricata comincia quindi ad esaminare patrimonio, debiti e crediti. Tra i debiti ovviamente anche quelli con le banche.
Qui qualcosa, però, non quadra: i conti non tornano.
Molti rapporti di debito con le banche sono andati in prescrizione (è infatti possibile contestare solo i rapporti estinti o conclusi negli ultimi 10 anni, a prescindere dalla loro data di apertura) e quindi non è possibile fare niente.
Negli ultimi anni, poi, l’azienda lavorava sostanzialmente con soldi propri, salvo un conto corrente aperto con una banca del centro Italia nel 1991 sul quale operava una linea di credito (coperta da fideiussioni personali dei soci fino a 300.000 euro) sul quale transitavano buona parte degli incassi.
Risultava, dalla documentazione e dalla richiesta dell’Istituto di credito, un debito pari a 39.642,44 euro.
Proprio su questa banca si concentra l’attenzione del liquidatore: da un esame sommario dei trimestrali scalari non tutte le cifre appaiono congrue al liquidatore. Per ovvie ragioni di privacy non ci è possibile farne il nome.
Cercare di districarsi in decenni di trimestrali scalari, estratti conto, modifiche contrattuali non è cosa facile (non esisterebbero aziende come la nostra sennò), non si può certo imputare ad un imprenditore la colpa di non aver saputo individuare a tempo debito eventuali irregolarità. Inoltre per anni la banca è sempre stata qualcosa di più di un semplice fornitore di denaro: un partner molto stretto, quasi un socio, ed è sempre stato l’imprenditore stesso a gestire i rapporti con il proprio direttore e il proprio denaro.
In ogni caso, poi, la nostra esperienza ci insegna che anche in aziende strutturate, dove ad occuparsi dei rapporti con le banche è fior di manager con laurea, dottorato ed esperienza pluriennale, il rischio di incorrere in illeciti, vizi, indebiti rimane pressoché inalterato.
E’ il sistema ad essere volutamente complicato, nebuloso, difficile.
Forte di questa convinzione il liquidatore si rivolge a noi per effettuare le analisi su questo conto corrente.
La documentazione che ci viene prodotta è purtroppo incompleta, mancano gli estratti conto e i trimestrali scalari di molti anni.
Decidiamo così di richiedere alla banca la documentazione, ai sensi dell’art. 119 del Testo Unico Bancario: sono i primi giorni del novembre 2016. Secondo quanto prevede questa normativa la banca ha 3 mesi per produrre la documentazione in suo possesso e normalmente produce solo i 10 anteriori alla richiesta.
Nel giro di un paio di settimane riceviamo la documentazione da parte della banca. Non ci vengono però inviati i contratti di apertura, risultati evidentemente dispersi nel corso degli anni anche per la banca stessa.
Sulla scorta della documentazione ricevuta dall’istituto di credito, il nostro team di legali e tecnici contabili procede quindi ad analizzare ed effettuare i conteggi secondo quanto prevedono le normative in vigore.
Sorpresa!!!
Sono passati circa 4 mesi da quando abbiamo ricevuto l’incarico dal liquidatore della XXXXTA srl di verificare la correttezza del saldo di una nota banca del centro Italia. La richiesta dell’istituto di credito è infatti di 39.642,44 euro (negativo, a debito) a fronte di interessi, sconfini, spese ecc. intercorsi durante gli anni di rapporto.
I nostri conteggi dicono però tutt’altro: il saldo del C/C, a seconda delle basi di calcolo da considerare, dovrebbe oscillare tra 3.488,48 euro (in positivo) e 33.061,90 euro (in positivo). L’impossibilità di fornire una cifra precisa è dovuta al fatto che mancano i contratti di apertura e buona parte della documentazione dal 1991 (anno di apertura del conto) al 2006.
In ogni caso la differenza tra la richiesta della banca e la situazione che appare dopo i nostri conteggi evidenzia una differenza tra i 43.000 euro e i 70.000 euro circa a favore della XXXXTA srl.
Ricapitolando: secondo quanto emerso dai nostri calcoli non solo la XXXXTA srl non dovrebbe pagare alla banca 39.642,44 euro, ma addirittura dovrebbe riceverne dalla banca una cifra compresa tra 3.488,48 e 33.061,90 euro!!!
Casi come questi, purtroppo, per noi sono all’ordine del giorno.
Come mai tanta differenza?
Le irregolarità che abbiamo rilevato sono essenzialmente queste:
- trimestri in usura (le condizioni applicate al conto corrente superavano cioè quanto consentito da Banca d’Italia in quel periodo)
- Anatocismo (gli “interessi sugli interessi” in sostanza)
- Commissioni di Massimo Scoperto (dichiarate illegali dall’art. 2 bis della legge 28 gennaio 2009 ma di fatto ancora operanti, spesso addirittura inasprite da parte degli istituti di credito. Spesso le si ritrovano sotto il nome di “disponibilità fondi”, “istruttoria veloce” ecc. ecc.)
- Spese non dovute
Le prime attività di rivendicazione
D’accordo con i soci e il liquidatore ci viene affidato mandato di recuperare più denaro possibile da questa banca nei tempi più rapidi possibili.
Procediamo quindi con un primo contatto bonario verso l’istituto di credito dove evidenziamo i conteggi e le irregolarità emerse e chiedendo un dialogo al riguardo. La banca però non dà seguito alla nostra richiesta.
Visto il “nulla di fatto” convochiamo poi l’istituto di credito in Mediazione Civile.
Lo scopo è quello di addivenire, in tempi ragionevoli, ad una soluzione amichevole, senza transitare per le aule dei tribunali (lo prevede la legge nei casi di rivendicazione verso le banche, lo proponiamo “a prescindere” sempre anche noi secondo buon senso).
Contestualmente a questa convocazione elaboriamo una perizia econometrica nella quale argomentiamo dettagliatamente i calcoli e le rivendicazioni sollevate.
La mediazione si svolge a Roma l’11 luglio 2017 ma non sortisce alcun effetto benefico: la banca non è disponibile al dialogo.
La citazione in giudizio
La XXXXTA srl è in liquidazione, i soci non hanno sostanzialmente nulla da perdere ormai, al contrario si sentono truffati da parte di chi aveva dato loro apparentemente fiducia: la banca. La differenza tra i saldi emersi dai nostri conteggi, poi, è importante rispetto al saldo negativo richiesto dalla banca. Probabilmente se avessero analizzato prima che cadessero in prescrizione anche le altre banche, i vari conti correnti, mutui, finanziamenti, leasing ecc. la loro azienda sarebbe ancora in piedi e potrebbe superare il momento di crisi. Ma le cose purtroppo sono andate diversamente: non sapevano di questa possibilità, forse comunque avrebbero avuto paura di andare contro le banche, e oggi la situazione è questa. Tanto vale andare fino in fondo.
I soci, d’accordo con il liquidatore, il 3 novembre 2017 decidono di dare mandato all’avv. Angelo d’Andrea (responsabile legale di Nexure Consulting) di citare in giudizio la banca.
Nel giro di qualche giorno l’atto è pronto e viene depositato presso il Tribunale di Bergamo.
Il giudice prende atto delle nostre richieste, ascolta la controparte, nomina periti di parte (CTP) e un suo perito (CTU) per dirimere la questione.
Proprio la CTU depositata nei primi giorni del marzo 2019 dal perito incaricato dal giudice evidenzia un risultato positivo di 51.000 euro (riconoscendo di fatto le nostre posizioni, con le dovute cautele legate alla documentazione mancante), lasciando al giudice la decisione e le quantificazioni finali.
Finalmente il verdetto
Dopo rinvii, riserve e ultimi dettagli burocratici, nei giorni scorsi, il 14 febbraio 2020 il giudice emette la sentenza definitiva: il saldo del conto corrente n. XX4 intestato a XXXXTA srl non deve essere di -39.642,44 euro bensì di + 8.830,91 euro!
La differenza è di ben 48.473,35 euro!!!
Potete trovare l’ordinanza del Tribunale di Bergamo alla fine di questo post.
5 considerazioni finali
Giusto qualche considerazione:
- andare contro le banche non solo è possibile e sicuro: è doveroso e proficuo;
- se gli imprenditori ci avessero coinvolti prima della crisi aziendale, analizzando anche mutui, gli altri conti correnti, leasing ecc prima che cadessero in prescrizione, verosimilmente la loro situazione finanziaria non sarebbe degenerata. Si sono trovati, di fatto dei debiti, di cui non erano responsabili e di cui non potevano conoscerne la natura perché generati “in automatico” sul loro conto corrente;
- il risultato ottenuto dai nostri legali e dai nostri tecnici è ancora più eclatante se si considera che è stata emessa una sentenza a favore di una società in liquidazione, di “scarso interesse” quindi dal punto di vista della produzione economica e dell’impatto sociale;
- proprio il fatto che si trattasse di una società in liquidazione ha indotto la banca a non trattare prima, convinta di poterla spuntare diversamente o che i soci e il liquidatore demordessero. Questo ha allungato enormemente i tempi: normalmente questo tipo di contenziosi si conclude molto più velocemente.
- i soci di XXXXTA srl hanno trovato un liquidatore intelligente e tenace. Non sempre è così. Spesso infatti i soggetti incaricati di liquidare un’impresa operano velocemente senza entrare nel merito della fondatezza del debito, specialmente verso gli istituti di credito.
Casi come questi in cui un debito bancario si trasforma in un credito sono frequenti per chi fa il nostro mestiere. C’è però poca cultura in questo senso, la banca non viene considerata un fornitore e ha sempre un’aurea di inattaccabilità dovuta a pregiudizi e ignoranza.
Se sei un imprenditore. Lasciaci analizzare i tuoi rapporti bancari, anche già conclusi, poi deciderai il da farsi e magari, rivendicandoli, potrai recuperare molto denaro. Ti perdi dietro a clienti impossibili, che magari pagano poco e male e non puoi dedicare un po’ del tuo tempo per un’attività di questo genere?
Se non sei un imprenditore ma conosci imprenditori diffondi questo post, questo messaggio, il lavoro nostro e di tanti colleghi onesti e seri.
Se poi hai (o hai sottoscritto in passato) un mutuo, un prestito, un leasing… faccelo guardare: è gratis e non comporta nessun tipo di impegno. Con le analisi in mano deciderai il da farsi.