Da poco più di un giorno il nome del nuovo primo ministro incaricato è sulla bocca di ogni italiano adulto; ma cosa potrebbe cambiare con Draghi?
Anche gli italiani meno interessati alla politica si sono documentati sulla storia dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea: si sa del suo del suo cursus honorum, della sua vita privata (sappiamo persino che è stato compagno di liceo di Giancarlo Magalli!) e sui social l’italiano medio è velocemente passato da virologo a esperto di crisi costituzionali, nonché profondo conoscitore delle politiche monetarie implementate dall’ex Governatore della Banca d’Italia!
Al di là di battute, la crisi di governo scaturita dalle rimostranze di Matteo Renzi ha però suscitato grandi preoccupazioni per il difficile momento che stiamo vivendo e l’uomo che il Presidente Mattarella ha chiamato a gestirla è un profilo di assoluto valore internazionale e con un modus operandi sin qui ben delineato nei suoi incarichi precedenti.
Sky TG24 in questo post avanza così alcune ipotesi circa l’approccio che il futuro Presidente del Consiglio potrebbe adottare.
Possiamo trovare qualche indizio nel documento di dicembre del G30, un think tank di consulenza su questioni di economia monetaria e internazionale presieduto proprio da Draghi insieme a Raghuram Rajan, ex governatore della banca centrale indiana e apprezzato economista. Il gruppo di esperti ha infatti formulato una serie di suggerimenti ai governi per sostenere il business delle aziende nella fase di uscita dalla pandemia.
Ristori solo a chi non è destinato al fallimento
Il primo punto cruciale riguarda proprio gli aiuti alle imprese. I governi europei, il nostro compreso, stanno sostenendo le aziende ma – è l’opinione del G30 – i denari non dovrebbero essere sprecati per chi è purtroppo comunque condannato al fallimento.
Una netta differenza con quanto visto sin qui con i governi Conte.
Esisteva una crisi economica anche prima della pandemia: molte aziende versavano già in stato di crisi ben prima che il Covid19 colpisse l’Italia.
Le misure straordinarie che il secondo governo Conte ha adottato hanno agito universalmente, sorreggendo, oltre le aziende colpite dalla crisi pandemica, anche quelle aziende che già alla fine del 2019 si avviavano verso un inesorabile destino.
La direzione sarebbe quindi destinata a cambiare:
“ il governo Conte II ha elargito più di 11 miliardi di euro di ristori alle imprese, senza criteri che tengano conto delle future prospettive economiche delle aziende aiutate.”
Necessari «aggiustamenti dell’occupazione»
Nel documento del G30 ci si concentra poi sul mercato del lavoro, scrivendo che «i governo dovrebbero incoraggiare aggiustamenti nel mercato del lavoro, […] che richiederanno che alcuni lavoratori dovranno cambiare azienda o settore, con appropriati percorsi di riqualificazione e assistenza economica»
I cambiamenti sociali, economici e sanitari
E’ evidente ormai a tutti che i cambiamenti successivi alla pandemia non sono stati (e non saranno) solamente di carattere sanitario o economico ma anche sociologico:
abbiamo cambiato il nostro modo di vivere, di fare acquisti, di relazionarci. Sarebbe sciocco pensare che questi effetti svaniranno completamente con l’avvenuta vaccinazione e l’agognata immunità di gregge: il mondo (anche quello del lavoro) è cambiato e non sarà più quello di prima. Che ci piaccia o meno.
Investire le risorse
“Gli esperti, Draghi in testa, osservano che queste risorse europee dovrebbero essere dirottate soprattutto sugli investimenti, in particolare quelli «a più alto rendimento», cioè con un ritorno economico e sociale maggiore, specialmente se si tratta di paesi (come il nostro) con un alto debito pubblico, in modo tale che la crescita dovuta al Next Generation Eu sia sostenuta, tanto da rendere sostenibile l’indebitamento.”
L’artefice del Quantitative Easing viene quindi chiamato ad amministrare un’ingente quantità di denaro che l’Europa renderà disponibile al nostro paese. Denaro che va speso bene allo scopo di farlo fruttare.
Ipotesi o realtà?
Si tratta ovviamente ancora solo di ipotesi e sono molte le variabili in gioco che possono intervenire a cambiare opzioni e possibilità, a cominciare dalla maggioranza politica che potrebbe sostenere un eventuale governo Draghi.
Tuttavia è verosimile supporre quanto sopra: per indole, estrazione e mentalità, è credibile prevedere che cesseranno gli interventi marcatamente assistenzialisti in favore di investimenti mirati ad un ritorno nel medio-lungo termine.
Ai sussidi tout-court sembra quindi si sostituiranno sostegni (anche importanti) nell’ambito di un più ampio agire in libero mercato (seppur con un inevitabile confronto con le parti sociali e con la possibilità di aggiustamenti in corso d’opera).
“Non la stessa filosofia osservata di recente nel nostro paese, con il massiccio intervento pubblico in vari settori dell’economia, a partire dai dossier di Autostrade per l’Italia, ex Ilva, Alitalia e rete unica”
Se queste linee di azione saranno confermate, il cambio di rotta rispetto a quanto visto sino a qui sarebbe importante non solo per il ruolo che lo Stato ha interpretato, ma anche per quanto è stato chiesto ai cittadini sino ad oggi.
A fronte di aiuti ed investimenti statali, ci si aspetta disponibilità all’innovazione e risposte precise da parte di tutte le parti sociali.
Non più spesa insomma, ma investimento.
Un ruolo importante lo giocheranno gli imprenditori e le imprese che saranno in grado di sopravvivere, o meglio ancora crescere, in grado di elaborare una strategia mirata ed efficace, chiamate a gestire e soddisfare (ma anche orientare) questo cambiamento.
La vision alla base di tutto questo non può che trovarci d’accordo
La vision alla base di tutto questo non può che trovarci d’accordo e va esattamente nella direzione che noi suggeriamo ormai da tempo:
a tutti gli imprenditori viene chiesto di esercitare realmente il ruolo che gli compete al di là del mero fatturato, e di tornare a guardare oltre il semplice quotidiano, proprio come quando hanno pensato per la prima volta la loro azienda.
Ci sarà spazio per tutti?
Non ci sarà spazio per tutti, purtroppo; soprattutto non ci sarà spazio per i “tecnici con la partita IVA” (come ama definirli un nostro analista), “one man band” privi di visione, ma solo per chi sarà in grado di programmare e perseguire sin da subito un proprio piano B (e forse anche C e D), monitorarne i risultati ed aggiustare il tiro.
E’ impensabile, soprattutto per il micro, piccolo e medio imprenditore fare tutto da solo, come d’altronde ricorda la definizione di imprenditore del Codice Civile allorché parla di “attività economica organizzata”.
“Art. 2082 – (Imprenditore) – E’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”
Un’impresa senza obiettivi e tabella di marcia è destinata a soccombere: nessun sussidio, per quanto ingente, potrà mai salvarla.
“Whatever it takes” è forse la più celebre affermazione di Mario Draghi, ma attenzione: è “it” il termine centrale, non “whatever”. In quell’ “It” l’obiettivo è sempre stato preciso ed evidente.