Per crescere occorre fatturare o guadagnare di più? Oggi proviamo a parlarne velocemente…

Ogni giorno incontriamo imprenditori e li aiutiamo nel difficile compito di aumentare la loro liquidità per poter “fare impresa”.

Spesso ci chiediamo cosa spinga qualcuno a “mettersi in proprio”, come si usava ripetere una volta: burocrazia, pressione fiscale, rischi civili e penali, insoluti e chi più ne ha più ne metta, sono alcuni dei limiti evidenti che frustrano aspettative emotive ed economiche di ogni imprenditore.

Forse, se tutto si basasse su una mera scelta razionale, presa a bocce ferme, quasi nessuno lo farebbe; eppure tanta gente «comune» lo fa ogni giorno, non solo i “supereroi” delle grandi imprese: la micro, piccola e media impresa tiene in piedi l’Italia e viene riconosciuta in tutto il mondo come un patrimonio di cultura, sapere, innovazione… inestimabile.

Gianni Agnelli imprenditore

Una volta faceva impresa “solo chi aveva i soldi” e nell’immaginario collettivo l’imprenditore è spesso associato al senatore Giovanni Agnelli o al nipote Avvocato, a Berlusconi, ai Benetton ecc. tuttavia il mondo cambia e anche persone come Mark Zuckenberg o Steve Jobs, semplici studenti ma con idee innovative, possono costruire imperi.

Resta che il collegamento tra imprenditore e liquidità, nella mente di ognuno di noi ma anche nella realtà, rimane indissolubile.

L’art. 2082 del Codice Civile

Ma allora perché il codice civile, quando definisce la figura dell’imprenditore nell’art. 2082, non presuppone il “possesso di un ingente capitale” come aspetto fondamentale? Recita infatti

E’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”

Come si può notare non si menziona minimamente il denaro, la liquidità, il patrimonio pregresso, la ricchezza…

«Beh, per esercitare professionalmente un’attività economica occorrono soldi» starete probabilmente pensando, e forse avete anche ragione, ma non è esattamente così: un professionista armato di sapere, conoscenze e “spirito imprenditoriale” può tranquillamente mettere in piedi un’impresa e renderla un colosso partendo con pochi spiccioli (dalla camera di una confraternita di un college o da un garage, se amate i nuovi miti americani).

E quindi? Quale dei due pensieri è il più corretto?

In realtà crediamo che entrambi i pensieri siano corretti e che l’uno non precluda l’altro, anzi…

Se è vero che senza un’idea innovativa, senza costanza e lavoro duro, senza quella “cazzimma” ogni tanto, non si va da nessuna parte, è anche vero che oggi pensare di fare impresa senza una buona dose di liquidità, è impensabile: anche l’idea migliore del mondo rischia di naufragare senza il denaro necessario.

Anni 80Fino agli anni 90 (soprattutto poi negli anni 80, quelli della “Milano da bere”) era sufficiente il sapere e la buona volontà! Tanto la liquidità veniva da sé, il mercato “tirava” da solo, tanto le banche concedevano prestiti a tutti , i fornitori non reclamavano i pagamenti in modo così fiscale ecc.

(en passant: a che condizioni poi gli istituti di credito prestavano denaro? Nelle nostre quotidiane analisi bancarie, quando ci imbattiamo in rapporti nati prima del 1992 ci mettiamo le mani nei capelli… ma poi anche in tasca alle banche ?)

In questo modo è nata una generazione di “tecnici con la partita iva”, come ama chiamarli un nostro esperto analista. Definizione più che mai azzeccata: bravissimi tecnici, bravissimi inventori, geometri eccezionali, menti anche geniali nel loro ambito specifico ma… non del tutto imprenditori.

Oggi la liquidità però non viene più da sola o dal mercato tout court o dalle banche così facilmente come avveniva qualche decennio fa: fare impresa oggi non significa solo avere il miglior prodotto o servizio in circolazione: significa anche e soprattutto gestire e programmare i flussi di cassa, saper organizzare e gestire i rapporti con le banche, fare marketing in maniera proficua, controllare i costi e i contratti di lavoro, sapere gestire i dipendenti anche dal punto di vista psicologico e motivazione e millemila altre cose. E questo vale anche per la più piccola delle aziende sul mercato, anche per un agente di commercio con la sua partita iva, la sua valigetta e l’auto piena di campionari.

Verrebbe quasi da dire, provocatoriamente, che il prodotto o il servizio siano l’ultimo aspetto della vita di un imprenditore.

Ma allora ha ragione chi pensa che debba fare impresa solo chi ha “i soldi veri”? …come si diceva poco più sopra?

No, perché anche il serbatoio più grande del mondo, alla lunga, si svuota. E il mercato, così come è oggi, lo risucchia infinitamente più velocemente di quanto non lo facesse 20 o 50 anni fa.

“Things they change my friend whoa oh”

Carrie - Europe

(Carrie – Europe 1986)

La soluzione è una sola ed è macroscopica (il resto vien da sé): cambiare il modo di vedere e fare impresa!

Cambiarlo sin dalle realtà più piccole, improntandole ad una visione “manageriale”.

Ogni giorno, incontrando gli imprenditori e le loro aziende cerchiamo di spiegare questo concetto e incontriamo soprattutto 2 grossi ostacoli:

  1. La mancanza di fiducia e conseguente incapacità di delegare.

Nessun imprenditore, nemmeno il Jeff Bezos del futuro, potrà mai più fare tutto da solo: è necessario saper delegare ad altre persone i diversi aspetti della vita aziendale. E per farlo occorre fiducia nei professionisti che si scelgono e la capacità di restare un passo indietro e non “mettere becco” su tutto.

L’imprenditore coordini con uno sguardo rivolto alla direzione che vuole dare alla sua azienda, controlli, dia il passo e faccia rispettare le scadenze, guardi ai risultati: non occorre che si metta a sindacare sul colore Pantone del carattere del titolo di una campagna social.

Lo spirito imprenditoriale, nel 2021, deve essere sempre di più spirito manageriale e meno spirito da “tecnico con la partita iva”.

  1. L’ossessione per il fatturato… e non per il margine.

Fino a che l’imprenditore sarà ossessionato dal numero legato al “valore della produzione” rischierà di fare sempre la figura del criceto nella ruota, che gira sempre più forte ma rimane fermo.

Ci aspetta un autunno caldo e impegnativo, se i vaccini, ci auguriamo, avranno arginato l’aspetto «clinico» del Covid 19, gli effetti economici dovranno ancora essere affrontati veramente. Rimarranno in vita solo le aziende più solide, quelle con più liquidità in cassa (di fatto l’unica medicina efficace ad ogni imprevisto o “malattia aziendale”).

La liquidità si ottiene in tanti modi, non solo incrementando ossessivamente le vendite o indebitandosi con le banche.

Affidarsi a professionisti in grado di aumentarla, lavorando su tutti gli aspetti di un’azienda, sarà fondamentale: aspettare di farlo in autunno è miope e suicida.

“Ricavi meno spese uguale guadagno”,

ci hanno fatto ripetere ossessivamente alle scuole elementari:

come possiamo averlo dimenticato?