Negli ultimi mesi, si è osservata una tendenza interessante nel panorama finanziario europeo per quanto riguarda i “crediti deteriorati”, ossia quei prestiti che le banche faticano a recuperare: mentre il loro volume è aumentato in Europa, l’Italia ha segnato un calo significativo.

Il rapporto dell’Ufficio studi di Banca Ifis relativo al primo semestre del 2024 evidenzia come il totale di questi crediti “problematici” nelle principali banche europee sia cresciuto fino a raggiungere i 373 miliardi di euro, con un aumento di 16 miliardi, dovuto principalmente agli istituti bancari di Francia e Germania. In Italia, al contrario, i crediti deteriorati sono scesi di 5,1 miliardi di euro, attestandosi a 41 miliardi. Una buona notizia per noi, almeno apparentemente. Ma cosa si cela dietro questi numeri? Siamo veramente davanti solo ad una storia di successo?

In questo articolo esploreremo in dettaglio la situazione dei crediti deteriorati in Italia, cercando di comprendere cosa si cela dietro questi numeri e quali potrebbero essere le implicazioni per il tessuto economico italiano, con particolare attenzione agli imprenditori e alle PMI che operano nel nostro Paese.

 

Cosa sono i Crediti Deteriorati?

Per comprendere pienamente il contesto, è importante definire chiaramente cos’è un “credito deteriorato“. I crediti deteriorati, noti anche come NPL (Non-Performing Loans), sono quei crediti concessi dalle banche che risultano difficilmente esigibili: i prestiti (nelle varie tipologie previste dal mercato del credito: prestiti, linee di credito in conto corrente, mutui, leasing…) che i debitori non riescono più a rimborsare nei tempi e nei modi previsti.

Vengono classificati in tre categorie principali:

  1. Sofferenze: crediti concessi a soggetti che si trovano in stato di insolvenza o in situazioni analoghe.
  2. Inadempienze Probabili (Unlikely to Pay): crediti per i quali la banca ritiene improbabile un pieno adempimento da parte del debitore senza escutere le garanzie.
  3. Crediti Scaduti e/o Sconfinanti: prestiti per i quali il pagamento è in ritardo da oltre 90 giorni.

La quantità di crediti deteriorati è un indicatore cruciale della salute del sistema bancario. Ridurre il numero di NPL nei propri bilanci è uno degli obiettivi principali delle banche e delle autorità di regolamentazione: anche questo aspetto, rapportato alla tendenza che stiamo esaminando, deve attrarre la nostra attenzione.
Non ultimo: crediti deteriorati elevati rappresentano un rischio significativo per la stabilità finanziaria e riducono la capacità delle banche di concedere nuovi prestiti.

 

Italia vs Europa: i dati a confronto

Secondo i dati riportati da Banca Ifis per il primo semestre del 2024, è evidente come l’Italia si sia trovata in una posizione molto diversa rispetto agli altri paesi europei. Il volume totale dei crediti deteriorati delle banche europee è aumentato fino a 373miliardi di euro, un incremento di 16 miliardi rispetto al semestre precedente. Francia e Germania hanno registrato gli aumenti più significativi, sintomo di un aumento della difficoltà di recupero dei crediti.

 

In Italia, invece, i crediti deteriorati sono diminuiti di 5,1 miliardi di euro nello stesso periodo, attestandosi a 41 miliardi. Questo dato appare in netto contrasto con quello del resto d’Europa e rappresenta una potenziale “buona notizia” per il nostro sistema bancario.

Gli imprenditori italiani sanno bene quanto sia difficile riscuotere un credito e quanto a poco possano (troppo spesso) gli strumenti legislativi. Ma non ci hanno forse  sempre raccontato che si trattava di un mal costume tipicamente italiano e di un “baco legislativo”? Chi sta bluffando in questo momento? Perché dunque l’Italia ha mostrato una tendenza così diversa?

 

Le possibili cause della riduzione dei Crediti Deteriorati in Italia

Ci sono diversi fattori che potrebbero spiegare questa riduzione dei crediti deteriorati in Italia:

  1. Maggiore prudenza da parte delle banche italiane nel concedere credito

    Una delle principali spiegazioni per il calo degli NPL in Italia è la maggiore prudenza adottata dalle banche nel concedere credito. Dopo le crisi finanziarie degli anni passati, e in particolare dopo la pandemia di COVID-19, gli istituti di credito sono diventati sempre più cauti nel valutare il merito creditizio applicando criteri molto più rigidi per valutare l’affidabilità creditizia. Questa cautela ha inevitabilmente portato a una riduzione dei prestiti concessi.Questa prudenza si è tradotta in criteri di concessione del credito molto più stringenti, il che ha ridotto la quantità di credito disponibile per le imprese. Meno credito concesso significa, di conseguenza, meno possibilità che questo diventi deteriorato, ma significa anche limitare il supporto alle imprese, soprattutto le piccole e medie imprese (PMI) che costituiscono il cuore pulsante dell’economia italiana. Ed è questo uno dei principali punti interrogativi dietro il dato positivo: la riduzione dei crediti deteriorati è una buona notizia per la stabilità del sistema bancario, ma potrebbe essere una cattiva notizia per l’economia reale.

  2. Interventi normativi e politiche di gestione del credito

    Negli ultimi anni, sono stati introdotti vari interventi normativi volti a migliorare la qualità dei bilanci delle banche e a ridurre la quantità di crediti deteriorati. Ad esempio, la Banca Centrale Europea ha imposto requisiti patrimoniali più stringenti per le banche con un’alta esposizione agli NPL, spingendo così gli istituti a ridurre la loro esposizione.Inoltre, sono state introdotte regole più stringenti per la classificazione dei crediti deteriorati e per la loro gestione. Queste normative hanno spinto le banche italiane a migliorare i loro processi di valutazione del rischio e a intervenire tempestivamente in caso di difficoltà dei debitori, contribuendo così a limitare l’accumulo di crediti problematici.

  3. Cessioni di portafogli di NPL a investitori specializzati

    Le banche italiane hanno rafforzato le proprie divisioni di gestione del credito e implementato strategie più efficaci per la riduzione delle sofferenze, anche attraverso la vendita di portafogli di NPL a investitori specializzati, come fondi di private equity e servicer specializzati nella gestione di questi crediti. Queste operazioni hanno consentito alle banche di “pulire” i loro bilanci, riducendo il volume dei crediti problematici e migliorando gli indicatori di solidità patrimoniale.Questa azione di deleveraging (riduzione dell’indebitamento) è stato facilitato da una maggiore liquidità sui mercati e da un crescente interesse da parte degli investitori verso questo tipo di asset, percepiti come un’opportunità per realizzare ritorni significativi a fronte di un rischio controllato. Tuttavia è bene notare come questo miglioramento dei bilanci bancari non necessariamente indichi un miglioramento della situazione economica dei debitori, quanto un mero trasferimento del problema ad altri soggetti.

  4. Crescita economica modesta ma stabile

    Dopo le difficoltà legate alla pandemia, l’economia italiana ha mostrato segnali di ripresa, aiutata anche dai fondi europei del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) il che ha aiutato sia le imprese che le famiglie a mantenere una certa capacità di rimborso dei debiti.Un’economia che non subisce forti shock tende a ridurre il numero di debitori insolventi e, di conseguenza, a migliorare la qualità del credito.

  5. Processi di recupero e innovazione nella gestione dei crediti deteriorati

    Un ulteriore fattore che ha contribuito alla riduzione dei crediti deteriorati è l’innovazione nei processi di gestione e recupero dei crediti. Lo slogan dell’Npl Meeting di quest’anno, “Step forward”, riflette proprio questo: un passo avanti verso una gestione più sostenibile e moderna dei crediti in difficoltà, con particolare attenzione alla re-inclusione finanziaria dei soggetti fragili.Secondo Simona Arduini, vicepresidente di Banca Ifis, il recupero dei crediti deve essere “sostenibile” e considerare le esigenze dei debitori sia in termini di flussi di cassa sia in termini di scadenze. Questo approccio più flessibile ha probabilmente contribuito a ridurre il numero di crediti classificati come deteriorati, evitando che la pressione sui debitori sfociasse in inadempienze irreversibili.

Gli effetti della riduzione dei Crediti Deteriorati sul tessuto economico italiano

Sebbene la riduzione dei crediti deteriorati sia un dato positivo per il sistema bancario, è importante valutare l’impatto di questa tendenza sull’economia reale e, in particolare, sulle imprese italiane.

  1. Accesso al Credito per le PMI

    Le piccole e medie imprese italiane, che costituiscono la spina dorsale del tessuto produttivo nazionale, dipendono fortemente dall’accesso al credito per finanziare il capitale circolante, investire in nuovi progetti e crescere. La prudenza delle banche nel concedere prestiti potrebbe aver limitato l’accesso delle imprese ai finanziamenti necessari per crescere e innovare: aspetto che diventa particolarmente pesante per quelle aziende che, pur essendo solide, non riescono a rispettare i requisiti sempre più stringenti imposti dalle banche.E’ chiaro quindi che se la riduzione dei crediti deteriorati è dovuta a una maggiore prudenza nel concedere credito, questo potrebbe avere conseguenze negative per l’economia reale, frenando la crescita economica e limitando la competitività delle aziende italiane, specialmente in un contesto globale sempre più dinamico e competitivo.

  2. Meno Crediti Deteriorati = Meno Rischi?

    Dal punto di vista meramente bancario, la riduzione dei crediti deteriorati è senza dubbio un fattore positivo. Bilanci più sani significano una maggiore capacità di resistere a eventuali shock economici futuri e una maggiore capacità di concedere nuovi prestiti in condizioni di sicurezza. Inoltre, la riduzione degli NPL migliora i requisiti patrimoniali delle banche, rendendole più solide e meno vulnerabili alle crisi finanziarie.Le banche italiane, oggi, sono sicuramente in una posizione più solida rispetto a pochi anni fa e questo consente loro di affrontare eventuali futuri shock economici con maggiore resilienza.

    Bilanci più sani equivalgono anche a maggiore liquidità e a una riduzione del rischio sistemico: aspetti positivi a condizione che la liquidità venga reinvestita a favore di Piccole e Medie Imprese.

     

Conclusioni: una vittoria completa o una vittoria di Pirro?

La riduzione dei crediti deteriorati in Italia, soprattutto se paragonata alla situazione di altri paesi europei, è certamente un dato che può essere letto in chiave positiva, ma che deve allo stesso tempo sollevare interrogativi importanti e, nondimeno, risvolti verso le PMI e i consumi delle famiglie.

Il miglioramento dei bilanci bancari è stato ottenuto grazie a una combinazione di maggiore prudenza nella concessione di prestiti, cessioni di portafogli di NPL, interventi normativi e una crescita economica moderata. Sebbene questi fattori abbiano contribuito a ridurre il volume degli NPL, è fondamentale chiedersi se stiamo assistendo a una vera ripresa del credito o se, invece, la prudenza bancaria stia creando una stretta creditizia che potrebbe limitare le opportunità di crescita per le imprese italiane.

La domanda che sorge, quindi, è se questa sia una vittoria effettiva per l’intero sistema economico italiano, oppure se stiamo vedendo una sorta di “vittoria di Pirro”, dove la prudenza bancaria, pur migliorando la stabilità del sistema finanziario, rischia di danneggiare la capacità di crescita delle aziende.

Ed è una domanda che merita attenzione, perché ciò che accade oggi nelle banche avrà un impatto diretto sul futuro delle nostre imprese e, di conseguenza, sui consumi e sull’economia del Paese nel suo complesso