Senza una liquidità adeguata anche le idee migliori non bastano… Oggi proviamo a parlarne con calma.
Google obbliga ogni dipendente (da chi pulisce gli uffici a Sundar Pichai, amministratore delegato) a dedicare parte del proprio tempo lavorativo a pensare e proporre qualche idea, prodotto, servizio, procedura nuova: immaginatevi migliaia di teste che ogni giorno cercano di inventarsi qualcosa di nuovo.
Bello, vero?
Su un numero così grande di idee è facile intuire che qualcosa di interessante possa emergere ogni volta.
Pur essendo un approccio molto acuto, purtroppo però non basta: bisogna infatti poter investire su più idee per trovarne qualcuna vincente. Proporre 5-10-50 idee e vedere come reagirà il mercato: magari solo 1 si rivelerà vincente, magari 2 o magari nessuna di loro e si dovrà ritentare con altre idee.
Senza una liquidità adeguata le idee non bastano… nemmeno a una realtà innovativa come Google.
Avere tanta liquidità invece permette loro, non solo di poter chiedere a tutti i loro dipendenti di sacrificare tempo “produttivo” per creare ed innovare, ma anche di investire su diverse idee interessanti e aspettare poi il resoconto del mercato, aumentando le probabilità di successo, oppure anche di tollerare il risultato di idee non così geniali come sembravano.
Beninteso: la liquidità, il cash-flow non è certo l’unico fattore che decreta il successo e la riuscita di un’impresa, il mestiere dell’imprenditore è uno dei più difficili in assoluto, ma rimane indispensabile
(il disegno che accompagna questo articolo è quanto mai veritiero).
Ancora di più lo diventerà nei mesi e negli anni a venire, in un’economia post-pandemica, molto diversa da quella precedente al COVID-19 e in evoluzione repentina.
Quali sono state le prime manovre messe in campo dai governi e dall’Europa per le imprese durante la pandemia? Immettere denaro tout-court, concedere prestiti, garanzie, contributi a fondo perduto.
Anche se gli effetti economici veri e propri del Covid cominciano solo adesso ad intravedersi, è evidente che il nocciolo della questione, a maggior ragione in un periodo come questo, sia ancora una volta quello della disponibilità finanziaria: le aziende che vorranno crescere (o anche solo sopravvivere) dovranno guardarsi dentro, avere il coraggio di fare diversamente rispetto a quanto fatto sino ad ora e tenere sotto controllo e aumentare il più possibile la loro capacità finanziaria.
Un imprenditore che non ha come primo obiettivo quotidiano l’aumento della liquidità della propria azienda è un imprenditore destinato a soffrire, se non a chiudere, sicuramente non a crescere.
Come fare allora?
Se una volta per finanziare la propria impresa esistevano sostanzialmente solo 5 modi (ne abbiamo parlato qui):
1. Immettere capitale proprio (quante aziende si rivelano pozzi senza fondo!)
2. Rivolgersi a banche ed istituti di credito
3. Aumentare il fatturato (spesso a scapito del margine: ne abbiamo parlato qui)
4. Non pagare le tasse e utilizzare quel denaro per investire in azienda
5. Non pagare o ritardare di molto i pagamenti ai fornitori e utilizzare quel denaro per investire in azienda (lo sappiamo, è terribile ma è inutile girarci intorno: è successo e succede tante volte)
Oggi il mercato offre molte più soluzioni: barter (noi ad esempio siamo anche agenti BexB, cliccate qui e qui per saperne di più), finanza agevolata e contributi a fondo perduto (ne abbiamo parlato qui), P2P lending, PIR, ricorso alle Fintech, crowdfunding, rivendicazione degli illeciti bancari (ne abbiamo parlato qui, qui e qui e anche altrove portando casi di successo nel nostro blog – ecc. ecc. ) solo per citarne alcuni.
Prima ancora di queste o altre soluzioni le nostre micro, piccole e medie imprese devono però completare il processo di trasformazione in vere e proprie aziende: oggi non lo sono del tutto, rimanendo spesso ancora poco più di “un’impresa individuale con dei dipendenti”, una sorta di longa manus proprio imprenditore.
Fare impresa non vuol dire solo produrre qualcosa o proporre un servizio, vuol dire anche gestire persone, guardare al mercato, essere attenti alle nuove tecnologie, sapersi muovere nella contrattualistica di vario genere, organizzare una rete vendita ecc.
Prima ancora vuol dire avere una visione di quello che è realisticamente la propria azienda e di cosa vuole diventare.
Quante micro, piccole e medie imprese non hanno un business plan aggiornato e navigano a vista? Unico obiettivo: l’aumento indiscriminato del fatturato.
Quante micro, piccole e medie imprese svolgono un’attività di programmazione finanziaria vera e propria?
Consulenti per ogni cosa ma non per la finanza di impresa
Spesso nelle aziende vengono coinvolti consulenti per ogni tipo di problematica ma, ed è quasi paradossale, quasi mai per la parte finanziaria, che rimane appannaggio dell’imprenditore (nel migliore dei casi con l’aiuto del fiscalista di turno). Tuttavia è uno degli aspetti più importanti e complicati della vita di un’azienda.
Dei soldi della sua azienda se ne occupa solo il titolare. Lui solo sa, in banca ci va lui e solo lui, al massimo il commercialista ma comunque insieme a lui.
Se non facesse piangere verrebbe da ridere: un aspetto così complesso come quello finanziario, che tocca il denaro, il proprio portafoglio, i rapporti con le banche e la matematica finanziaria, affrontato in totale solitudine (e magari senza l’adeguata istruzione)?
Così poi succede che ci si ritrovi ad affrontare mesi difficili, a ritardare gli stipendi, a rinunciare ai compensi da amministratore, a non poter investire in quell’idea geniale che potrebbe dare una svolta alla propria impresa, ad accontentarsi di gestire meno liquidità di quella che si potrebbe avere.
E la colpa è di tutto e tutti tranne che di una cosa: aver trascurato il fattore liquidità.
Si stava meglio quando si stava peggio
«La banca non mi finanzia perché non conosco nessuno ai piani alti»
«Ottenere contributi a fondo perduto è impossibile se non si conosce qualcuno di importante»
«Una volta le banche ti conoscevano e ti finanziavano oggi invece sei solo un numero»
«Ho fatto l’e-commerce ma non è cambiato nulla»
«Abbiamo sempre fatto così…»
Sono solo alcune delle frasi che sentiamo tutti i giorni. Nessuna di queste corrisponde al vero e, peggio ancora, questo atteggiamento non porterà da nessuna parte: alibi su alibi e poca capacità di guardarsi dentro e poi rinnovare ed innovare.
L’ultima frase poi evidenzia forse il peggiore nemico di ogni imprenditore ed è quello che rinchiude tutti i precedenti: ne abbiamo parlato quando abbiamo descritto il “caso Mercedes” (lo trovate qui).
Peccato che nessuna di quelle frasi corrisponda al vero!
Nella maggior parte dei casi la banca non finanzia l’imprenditore perché l’imprenditore non parla la sua lingua, perché spesso è stato chiesto al commercialista di fare un bilancio con il solo fine di pagare meno tasse possibili (e no, non è finanziabile un bilancio così nudo e crudo, perché verosimilmente disegna un’azienda in stato precario, anche se magari non lo è), perché viene trascurata la posizione in centrale rischi (si veda qui e qui), perché l’ultimo business plan dell’azienda risale a quando è stata fondata e non si intravede progettualità, perché riclassificare un bilancio è un’operazione spesso ancora sconosciuta e che si crede appannaggio solo di aziende più dimensionate ecc.
Ottenere crediti di imposta, contributi a fondo perduto o finanziamenti agevolati da Europa, Stato, Regioni non solo è alla portata di tutte le aziende italiane ma è anche un “dovere” di ogni imprenditore. I crediti di imposta che lo stato mette a disposizione a fronte di investimenti di diversa natura sono un incentivo concreto a crescere, uno stimolo all’investimento, alla crescita aziendale ma anche di mentalità da parte dell’imprenditoria italiana, specie la medio piccola.
Tutti questi crediti, contributi o finanziamenti infatti vengono sempre concessi a fronte di investimenti e destinazioni specifiche: proprio per questo sono ancora più efficaci!
Usufruire dei soldi che l’Europa mette a disposizione delle imprese italiane, poi, vuol dire anche “riscuotere” in qualche modo la tanto odiata parte di tasse e balzelli che un imprenditore versa all’Europa stessa (al 18 gennaio 2021 risultavano ancora 38 miliardi di euro di fondi non spesi; si veda qui) e, anche in questo caso, sostenere o far crescere la propria azienda.
En passant: la cosa che poi fa anche arrabbiare è che la parte di denaro proveniente dall’Europa, se non utilizzata, viene ridestinata e sfruttata da altri paesi europei (in Irlanda hanno costruito le Italian Highways con i fondi che noi italiani non siamo riusciti ad investire; si veda qui).
L’accesso alle nuove forme di credito presenti sul mercato (ma anche solo l’implementazione di un buon e-commerce) richiede modernità. Occorre mettere mano alle proprie imprese soprattutto sul fronte della mentalità e dell’approccio, non solo dal punto di vista tecnico!
Spesso il finanziamento “esterno” (banche, finanza agevolata, P2P lending ecc. ecc.) non è nemmeno necessario perché una migliore organizzazione (e programmazione) dell’azienda porta risparmi mensili ben più elevati di quanto porterebbe un finanziamento di qualsivoglia natura e a costo zero (o quasi).
Stiamo parlando di Open Innovation: le imprese possono e debbono fare ricorso a idee e expertise esterne se vogliono progredire nelle loro competenze (tecnologiche, commerciali, di marketing… e anche finanziarie).
La liquidità la si può recuperare in moltissimi modi… se lo si vuole fare.
Certamente occorre sapersi muovere, e per questo ci sono i professionisti.
gli specialisti della liquidità aziendale
Tutto quello che abbiamo descritto in questo post è l’humus nel quale si muovono tutti i giorni i consulenti, gli analisti, gli advisor e i professionisti della “galassia Nexure” .
L’obiettivo è quello di aiutare l’imprenditore ad avere un portafoglio sempre più ricco, disponibile, efficace.
L’ascolto e l’analisi
La prima fase è l’osservazione: osserviamo e ci mettiamo in ascolto. Poter comprendere fino in fondo le realtà che incontriamo è fondamentale. Solo da questa attenta analisi dell’impresa e dall’ascolto del management e dell’imprenditore possono emergere con evidenza i problemi e le opportunità e, di conseguenza, soluzioni e progetti efficaci.
Non si tratta solo di analizzare numeri, budget e consuntivi o di individuare con precisione le criticità e i problemi che ci vengono segnalati, ma anche di aiutare l’imprenditore (e chi lo coadiuva) a guardare oltre, andando a disegnare scenari che magari oggi non possono essere visti da chi vive l’azienda dal suo interno, le opportunità ma anche i possibili rischi connessi.
Viene prodotta un’analisi che sintetizza le ore spese con l’analista e che delimita con precisione a tutti i soggetti coinvolti, quanto emerso.
La condivisione degli interventi necessari
Una volta ben chiara la situazione dell’azienda si studiano le soluzioni o i progetti più efficaci per aumentarne l’efficacia, minimizzare costi, aumentare i ricavi e i margini, crescere…
Le soluzioni individuate vengono poi tradotte in un primo piano di lavori concreto che viene presentato a tutti i soggetti aziendali coinvolti e con i quali viene condiviso e completato di conseguenza sino a renderlo definitivo. Nessuna soluzione sarà mai veramente efficace se non viene accettata, condivisa e perseguita dai soggetti interni all’azienda che poi dovranno applicarla tutti i giorni: rimarrebbe solo mera teoria senza portare aumenti di cash-flow e profitto.
L’attuazione del piano condiviso
Gli advisor presidiano l’azienda ciclicamente, verificando che il piano di lavoro concordato e condiviso venga attuato, portando migliorie e aggiustamenti, se necessario, e verificandone i benefici passo per passo, rendendoli evidenti all’imprenditore e ai suoi collaboratori, motivandoli a perseguire gli obiettivi prefissati.
Roma non è stata fatta in un giorno,
ma un bel giorno hanno cominciato a farla…
Nel 1997 Apple era sul rischio del fallimento: venne richiamato Steve Jobs (“esiliato” qualche anno prima) e gli si permise di rivoluzionare l’azienda.
Nel 2016 fece scalpore constatare che Apple avesse una liquidità stimata in 200 miliardi di dollari, pari a circa l’intero PIL della Repubblica Ceca di quell’anno, circa 4,4 volte la liquidità presente nelle casse della Banca d’Italia dell’epoca.
Nel 2018 Apple è stata la prima società della storia a superare il trilione di dollari di capitalizzazione e valeva poco meno dell’intero PIL del Messico.