Tra ottobre e dicembre buona parte del dibattito politico e sociale è stato occupato dalla volontà del governo di aumentare l’importo minimo obbligatorio per l’accettazione dei pagamenti con il POS.

Lungi da noi voler entrare nel dibattito politico, peraltro poi spazzato via dalle indicazioni europee che hanno eliminato alla fonte la questione; tuttavia, mentre ascoltavamo le diverse fazioni controbattere, più di una volta, fatecelo dire, ci è venuto da sorridere.

Davvero, cari esercenti, micro, piccoli e medi imprenditori, pensate che il vostro problema con le banche siano le commissioni sui POS?

Davvero?Davvero pensate che siano quei pochi centesimi di commissione sui pagamenti tramite POS (e non altre spese, costi di gestione ecc di cui spesso non conoscete nemmeno l’esistenza) ad erodere i vostri guadagni?

Siete a conoscenza di tutte le aziende che danno la possibilità di ricevere pagamenti tramite Pos e avete scelto senza ombra di dubbio il più conveniente e, ciononostante, questa commissione è ancora così gravosa?

Vi sfidiamo! Leggete questo elenco:


  • Commissioni di Massimo Scoperto e relativa capitalizzazione
  • Capitalizzazione degli interessi debitori senza condizione di reciprocità (anatocismo)
  • Antergazione delle operazioni di addebito e postergazione di quelle di accredito
  • Addebito e capitalizzazione di spese, provvigioni e oneri non previsti dal contratto
  • Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali originarie
  • Inadeguata informazione circa le modifiche delle condizioni contrattuali
  • Superamento del tasso soglia di usura (usura «bancaria»)
  • Clausole di recesso “discrezionale” e obbligo di rientro immediato nei contratti di apertura di credito sia a tempo determinato che a tempo indeterminato
  • Clausole verso commissioni, interessi moratori e penali manifestamente eccessive
  • Applicazione degli interessi moratori, della commissione di massimo scoperto e dell’anatocismo sul saldo passivo di conti chiusi
  • Applicazione oltre i limiti di legge delle commissioni di disponibilità accordata

Conoscete tutte queste voci e relativi “tecnicismi” e le vostre linee di credito ne sono immuni?

Prendete in mano un trimestrale scalare (uno di quei fogli “strani” che arriva ogni tanto insieme all’estratto conto): sapete cosa sono i numeri debitori e numeri creditori? A cosa servono? Come si calcolano?

Questo solo per i conti correnti…
Vogliamo parlare dei vostri prestiti, mutui, finanziamenti?
O magari avete intrapreso con qualche istituto di credito operazioni di tipo derivato, swap ecc.?

Bah…

Tutti i giorni aiutiamo imprese di ogni dimensione, dall’esercente alla media impresa, a finanziarsi di più e meglio. Una delle attività che svolgiamo da sempre è proprio quella di analizzare i loro rapporti bancari e poi, da lì, ristabilire un più congruo rapporto con gli istituti di credito.

Sia che gli imprenditori lavorino con i propri soldi, sia che utilizzino linee di credito bancarie, purtroppo nella maggioranza dei casi riscontriamo una sostanziale inadeguatezza nel comprendere e ben negoziare le loro posizioni con le banche e, soprattutto, diffidenza nel “farsi aiutare” (non solo da noi ma anche dai propri consulenti fiscali o finanziari).
Ci capita addirittura con una certa frequenza di dover spiegare loro i funzionamenti base di anticipi fatture o effetti, o anche solo di semplici linee di credito, e quando poi analizziamo i loro conti correnti con linee di credito annesse e connesse (ma anche mutui o finanziamenti o leasing ecc.) ci troviamo davanti, troppo spesso, a situazioni come quelle che ogni tanto vi raccontiamo in questo blog… la più recente solo qualche giorno fa la potete leggere qui (alcuni altri invece scorrendo questa pagina).

Starete pensando che si tratti di casi limite, che a voi non potrebbe mai capitare ecc. ecc.
Non è così.

Le statistiche, non solo nostre ma anche di altri colleghi, ci dicono che oltre l’80% delle linee di credito è viziata e, soprattutto, che l’imprenditore non lo sa (e non si fida così facilmente).
calcoliAll’atto pratico, più che capire se sono presenti vizi, illeciti o indebiti, si tratta solo di quantificare il vizio, sia in termini di valore degli illeciti sia in termini di “pesantezza” degli illeciti stessi (semplici vizi? Valori fuori mercato? Usura?…), poi di trovare la giusta strategia per ottenere l’adeguato rimborso (non necessariamente un bonifico o un assegno circolare: si possono negoziare molte cose con le banche: nuove linee di credito, diminuzione di costi ecc. ecc. ) e poi di stabilire un corretto rapporto di lavoro: cliente-fornitore.
Nell’interesse di tutti, anche delle banche stesse.

Le banche non sono sempre brutte e cattive

Per il lavoro che facciamo sarebbe persin troppo facile sparare a zero sui “poteri forti”, incolpare loro ecc. ma non siamo noi quel tipo di interlocutore (lasciamo questo tipo di strategia ad altri). La realtà è che ogni azienda “fa il suo” ed è compito di ogni impresa massimizzare i profitti e minimizzare le perdite.

Quando l’imprenditore strabuzza gli occhi davanti a certi numeri poniamo spesso questa domanda:

«Ma se un cliente non le chiedesse lo sconto, lei glie lo farebbe lo stesso?»

la risposta è ovviamente sempre negativa.

E allora spiegateci perché la banca dovrebbe rinunciare a guadagni, quando voi nemmeno glie lo chiedete?
Fanno il loro mestiere.

Obietterete che un conto è non fare uno sconto, un conto è gravare una linea di credito di balzelli spesso illeciti, e probabilmente avreste anche ragione: resta che ben pochi imprenditori se ne accorgono e, se vogliamo evitare di fare gli ipocriti, probabilmente a parti inverse succederebbe la stessa cosa o quasi.

Colpa del commercialista allora?

colpa tuaOvviamente no!
Lavoriamo a stretto contatto con moltissimi di loro e non possono che avere tutta la nostra solidarietà.
Da una parte infatti sono continuamente vessati (verrebbe da scrivere bullizzati) da parte dello Stato che cerca quasi beffardamente di complicare il loro lavoro con nuove scadenze, proroghe, burocrazia, eccezioni ecc. ecc. ecc. dall’altra trovano l’imprenditore che li considera poco o nulla, spesso li paga per ultimi, non si fa sentire o si rende irreperibile per le scadenze più importanti, figuriamoci per provare a spiegargli che dovrebbe rinegoziare un rapporto, ottenere una linea di credito di altro tipo o cambiare “fornitore”!

Un consulente per tutto ma non per le banche

Consulenti o consiglieriLa realtà è una delle ragioni alla base di questa situazione è proprio nella testa dell’imprenditore: dà fiducia ai consulenti più disparati per tante cose. E fa bene! Un’azienda è un’attività complessa con mille sfaccettature, non solo la produzione di qualcosa, la vendita di prodotti o l’erogazione di un servizio: saper ben delegare è fondamentale!

Però, quando poi si tratta di banche, di soldi, di liquidità… lì no! Lì l’imprenditore, di qualsiasi estrazione, cursus honorum, età, provenienza, città o regione… si chiude: in banca ci va da solo.

D’altronde si sa che la matematica finanziaria è cosa semplice e alla portata di tutti; consentiteci un po’ di ironia.

Ma l’ironia non finisce qui: spesso infatti l’imprenditore, del rapporto gestionale con la banca, nemmeno se ne occupa! Arrivano gli estratti conto, i trimestrali scalari, i piani di ammortamento e vengono puntualmente smistati alla storica (e stoica) impiegata amministrativa, già sommersa di fatture, solleciti, gestione insoluti ecc. In quei documenti ci possono essere cifre corrette, basse, alte, fuori luogo, dovute, non dovute: difficile accorgersene.
Però in banca a chiedere un prestito, una linea di credito, sbattere i pugni quando si sconfina nel macroscopico ci va l’imprenditore… da solo.

La banca dovrebbe essere un fornitore

Un fornitore di denaro ma pur sempre un fornitore. Il denaro è uno strumento che permette all’azienda di svolgere la propria attività (il principale peraltro), proprio come la materia prima, il marketing, i costi strategici e quelli non strategici. Forse lo strumento principale, a pensarci bene. Se i prezzi (le condizioni) che il fornitore applica non sono più convenienti vanno rinegoziate o va cambiato in favore di un altro più conveniente.
L’imprenditore, o chi per lui, questo lo fa tutti i giorni per mille acquisti… fuorché per i soldi e/o il credito.

Quando una collaboratrice dell’imprenditore scopre che un fornitore applica condizioni fuori mercato per questo o quel costo all’azienda: cosa fa?
Va dall’imprenditore, espone il problema e, si spera, anche la soluzione, banalmente di 2 tipi: contattare il fornitore per ottenere condizioni migliori o valutare nuovi fornitori.
L’imprenditore si incavola, sbraita verso quel fornitore così “ingrato” (qualche parolaccia fa sempre scena), poi collabora, magari loda la sua collaboratrice, alza il telefono e la voce, e insieme si adoperano per raggiungere l’obiettivo prefissato: contenere i costi in modo da aumentare i profitti.

Ora, provate a immaginare la stessa scena… ma con di mezzo una banca dell’azienda.

collaboratriceLa zelante, preparata, storica e stoica impiegata amministrativa nota che le condizioni applicate dalla banca con cui lavora prevalentemente l’azienda sono più alte del dovuto. Bussa alla porta dell’ufficio del titolare, il quale è preso da mille cose, tasse da pagare, il fornitore di prima che ha aumentato i prezzi ecc. e prova a fargli notare che la banca non lo sta trattando bene, che c’è un 1-2% di troppo. Magari proprio quella stessa banca dove la famiglia dell’imprenditore ha i conti, il mutuo di casa ecc.

Credete che riceverà lo stesso trattamento della sua collega?

megafono

«E tu, con tutti i casini che abbiamo, la materia prima aumentata ecc. vieni a rompermi le scatole per un 2% di troppo? Con la banca che mi conosce da quando ho aperto l’attività??? Non hai qualche insoluto da recuperare?»

…peccato che magari quel 2%, in termini assoluti, uniti ad altri balzelli (che un professionista preparato scoverebbe), costino 5-10.000 euro l’anno e/o magari più di quanto il risparmio sul costo segnalato dal collega dell’esempio di prima.

«Vorrei ma non pos(so)»

pauraE’ quello che ci rispondono spesso gli imprenditori quando suggeriamo loro di farci analizzare i loro rapporti bancari e poi, magari, mettere in atto un’attività di rivendicazione o rinegoziazione.
Sul perché loro non possano farlo però, al di là della retorica del caso, la risposta è una sola: litigare o anche solo discutere con la banca spaventa e basta.
Contro le paure la ragione spesso può poco o nulla anche se, alla base di questa paura c’è di fatto il poco utilizzo della ragione, intesa come buon senso di constatare la poca propria conoscenza della materia e affidarsi a professionisti competenti e/o, extrema ratio, studiare meglio la materia.
E’ l’ignoranza di quel tipo di ambito infatti a favorire la circolazione di fake news su possibili arbitrarie segnalazioni di rientro, segnalazioni in centrale rischi, banche dati occulte ecc. ecc.

Accade poi una cosa buffa, con una certa frequenza, quando convinciamo l’imprenditore che non voleva analizzare i propri rapporti bancari a fidarsi di noi.
leoneTorniamo da lui con le analisi, gli facciamo vedere i numeri che potrebbe legittimamente (e prudentemente) rivendicare, spesso sono cifre importanti e… l’agnello si trasforma in leone!
Tanto era pauroso nel volerci affidare le analisi (che peraltro non comportano nessun rischio, non entrando in contatto con gli istituti di credito), quanto poi diventa feroce nel constatare quanto accaduto!!!
Già… sono soldi suoi, mancati guadagni, sacrifici, notti insonne, fornitori pagati in ritardo finiti altrove: fa male, fa rabbia.

Concludendo

dopo 1.813 parole… Siete davvero ancora convinti che il problema sia il POS?

Del POS ve ne accorgete facilmente perché i costi sono evidenziati in tutti i modi possibili: solo per questo, siamo onesti. A dirla tutta, ci riesce anche difficile pensare che siano proprio quelle commissioni lì a rovinare i vostri profitti; e se così fosse davvero, parlatene con un nostro analista, guardiamo dentro l’azienda: verosimilmente il problema sarà un altro.

Fate analizzare i vostri rapporti con le banche e affidatevi a professionisti che possano aiutarvi a minimizzare i costi con gli istituti di credito e a stabilire un più proficuo e corretto rapporto con loro.